Ciao, ti ringrazio di essere qui, ma non scrivo più su questo blog da quando sono tornata in Italia dopo la mia esperienza startuppara a San Francisco.
Visita il mio nuovo blog startupgirl.it . Troverai consigli e strumenti utili per chi lavora in una startup o semplicemente ama lanciarsi in nuove sfide.
Stay tuned! :-)
mercoledì 10 aprile 2013
lunedì 19 dicembre 2011
L'atmosfera di Lione
E proprio perchè questo è anche un blog in cui si parla di viaggi, voglio raccontarvi della mia ultima scoperta: Lione.
Se l'atmosfera parigina è ineguagliabile, la sua più piccola concorrente non è affatto da meno.
Lione è una città immersa nell'acqua e nei suoi riflessi.
Il centro della città si trova fra due fiumi, il Rodano e la Savonne, che le fanno da specchio in ogni scorcio.
E' una città vivace, ricca di cultura e vita.
Il primo giorno mi sono arrampicata sulla collina dove sorge la città vecchia, Vieux Lyon: case di pietra arroccate, resti di un grande anfiteatro romano e piccole boulangerie ad ogni angolo sono mescolati in un insieme unico.
Sulla cima domina la città la maestosa Basilica di Notre Dame de Fourvière, costruita nel XIX secolo.
Fra le viuzze colorate di Vieux Lyon ho scoperto un museo davvero entusiasmante: il Museo delle miniature e del cinema. Dislocati sui tre piani di un edificio del XVI secolo, miniature, costumi, maschere di scena e riproduzioni utilizzate sui set cinematografici dei capolavori di tutti i tempi sono stati raccolti qui, grazie alla donazione di una fanatica del cinema. Davvero imperdibile per gli appassionati.
E restando in tema di cinema, Lione è proprio la città dove è stato girato il primo film della storia. I fratelli Lumière, proiettarono per la prima volta il 28 Dicembre 1895 il loro film "L'uscita dalle officine Lumière" (titolo originale: La Sortie de l'usine Lumière).
L'Institute Lumière, ospitato nella sontuosa Villa Lumière, dimora della famiglia, raccoglie tutti i più importanti reperti della storia del cinema e della fotografia frutto del genio di questi due fratelli, dal primo cinematografo alle prime lastre fotografiche per fotografie a colori.
Il nuovo centro di Lione è uno sfavillio di luci, piazze e vie pedonali affollate a qualsiasi ora del giorno. Il nuovo e il vecchio convivono fra negozi alla moda e maestosi palazzi. Anche la pioggia aggiunge colore alle strade della città.
Il museo di arte contemporanea, ideato da Renzo Piano, si trova all'interno del magnifico parco du Tète d'Or a nord della città e vale davvero la pena andarci. Ospita fino alla fine dell'anno la biennale di arte contemporanea di Lione.
Il periodo migliore per andare a Lione è sicuramente durante la Fete des Lumièries, la festa delle luci. Ogni anno per questi tre giorni nella prima settimana di dicembre la città si riempie di suggestive installazioni luminose, spesso animate con musica. Un percorso lungo tutta la città consente ai visitatori di ammirare queste vere opere d'arte, realizzate ogni anno da artisti diversi.
Ecco quello che ho avuto il piacere di ammirare quest'anno nella piazza più importante, Place des Terraux:
Ps: la nota importante da sottolineare è che i lionesi non sono così str.... come i parigini, che spesso fanno finta di non capirvi in inglese e vi assicuro che anche questo rende una vacanza molo più piacevole.
domenica 13 novembre 2011
Innovazione e ricerca: i soliti ignoti
Sono rimasta davvero stupita - e forse ormai faccio male- quando oggi leggendo i punti principali della legge di stabilità (qui il testo), non ne ho trovato uno relativo al rilancio dell'istruzione, della ricerca e dell'innovazione.
Ma come si fa a pensare di rilanciare un paese senza puntare sulla nascita di nuove imprese? Questa è pura cecità.
Gli Stati Uniti hanno investito nel 2011 ben 2 miliardi di dollari (non quattro caramelle) nel progetto Startup America per garantire l'accesso ai capitali, accelerare l'innovazione e fornire programmi di mentoring ed educazione imprenditoriale ai giovani con brillanti idee di business. Contemporaneamente è nato Startup America Partnership, un'iniziativa che comprende imprenditori, aziende e università e lavora per dare spinta all'innovazione e all'imprenditorialità, fornendo tutti i servizi e il supporto di cui i nuovi imprenditori hanno bisogno e promuovendo la nascita di network professionali che aiutino le persone e gli enti a trovare nuove partnership di sviluppo.
Tutto ciò nasce dalla constatazione che negli ultimi anni la crescita dei posti di lavoro dovuta alle startup è stata molto più alta di quella creata dalle aziende tradizionali (secondo diverse fonti). I posti di lavoro presenti in aziende con meno di 3 anni rappresentano dal 6 al 12% del totale a seconda dei diversi Stati (qui lo studio della Kauffman Foundation). Secondo la National Venture Capital Association, il 21% del PIL degli Stati Uniti è costituito dai ricavi di aziende finanziate da fondi di Venture Capital, mentre l'investimento totale rappresenta solo lo 0,2% del PIL (dati riportati nello studio "Venture Impact" scaricabile qui).
E in Italia i dati per fortuna non sono meno confortanti: come si legge in un articolo del Sole24Ore, nel 2010 la crescita dei posti di lavoro nelle startup italiane è stata dell'11% contro lo 0,6% delle aziende tradizionali. Perchè quindi non incrementare questa crescita creando cultura e strumenti?
Una delle risposte che mi sono data sta in una cosa semplice, ma per me fondamentale: l'età dei nostri politici.
Un parlamento da Jurassic Park come può essere vicino alle necessità di giovani studenti, ricercatori e imprenditori che vogliono investire le loro forze in tecnologia e scienza? Se l'età media è di 54 anni alla camera e 59 al senato (qui un riepilogo dell'Espresso), da dove dovrebbero arrivare queste grandi lungimiranze? Questi qui la loro vita l'hanno bella che fatta e a quanto pare non hanno minimamente idea di quello che vuol dire dar spinta alla creatività e allo spirito di iniziativa che è tipico di tutt'altra età; e non hanno neanche il senso di responsabilità di cercare per lo meno di garantirci un futuro.
E per quanto Mario Monti possa essere osannato come grande economista e accademico, cosa che non metto certo in dubbio, ha pur sempre 68 anni e i potenziali ministri di cui si parla per questo governo tecnico non sono certo di un'altra generazione.
Se si impasta tutto ciò ad una cultura attaccata alle radici e poco flessibile ai cambiamenti, si giunge al disastro attuale.
Se i governi non aiutano, bisogna puntare allora sul "crowdsourcing": da noi, dai singoli che diventano folla, devono partire le iniziative che possono portare un vero valore aggiunto alle nostre vite, ai nostri progetti e di riflesso alla nostra economia.
Ne conosco diverse che mi fa piacere ricordare:
- "Italian startup scene", il gruppo italiano di startuppers e non, più attivo nello scambio e nella condivisione.
- La fondazione Mind The Bridge, uno degli enti italiani che più aiutano i giovani imprenditori.
- L'associazione La Storia nel Futuro, la quale promuove lo scambio fra studenti e imprenditori fra Italia e Silicon Valley e crea network professionali di valore.
Sono interessanti anche i progetti della Fondazione CRT per Piemonte e Valle D'Aosta.
Spero che iniziative come queste continuino a crescere e grazie al loro successo possano far aprire gli occhi ai nostri politici.
venerdì 4 novembre 2011
Il fascino discreto degli stronzi
Questo libro è arrivato nelle mie mani in un periodo davvero particolare.
E' strano come alcune volte quell'energia costante che trovavi dentro di te, quella spinta, che pensavi inesauribile, ad un certo punto si spegne. Non c'è un determinato momento ovviamente, ma ad un tratto ti ritrovi a pensare perchè? ti sembra di vivere la vita di qualcun altro, che tu stesso invece, mostro, hai creato...e ti sta un po' stretta e vorresti solo fermarti, ma quel treno in corsa che hai lanciato proprio tu di progetti, obiettivi, lavoro da fare, continua a spingerti dalle spalle e tu non puoi fermarti...ma ti perdi.
Vi starete chiedendo, cosa c'entrano gli stronzi? Beh, gli stronzi, per Giacobbe sono quelli che vanno sempre con il treno, sono il treno, sono autosufficienti e sicuri, trovano sempre l'energia necessaria in sè stessi, credono in sè stessi, qualunque cosa accada, insomma sono adulti. Dall'altra parte, infatti, ci sono i "bambini", perenni infelici se soli, cercano la soluzione dei problemi all'esterno, negli altri, cercano qualcuno che gli accudisca (come i bambini veri appunto), che si prenda cura di loro, che gli faccia da genitore e se trovano qualcuno che non è disposto a farlo e "li abbandona" lo chiamano stronzo. (E qui ci andrebbe un'intera dissertazione sui bamboccioni italiani, in casa fino ai 35 anni, come fanno a diventare adulti e autosufficienti?vabbè ma non voglio annoiarvi).
Insomma, citando Giacobbe, i "bambini" sono eterocentrati (cercano la soluzione dei problemi al di fuori di sé), gli stronzi sono autocentrati (HANNO la soluzione dentro di sé). Come avviene questo cambiamento? Passando all'età adulta, tramite la solitudine, unica modalità in cui ognuno di noi impara ad affrontare le difficoltà da solo e quindi a diventare adulto, stronzo, a creare, sempre citando l'autore, un'autoimmagine positiva di se stessi, grazie alla quale qualsiasi problema ci si presenti, sappiamo che dentro di noi abbiamo le forze per affrontarlo.
Ecco, in alcuni momenti, è questo che mi manca, ma non la consapevolezza che in qualche modo me la cavo, ma la voglia di farlo. Ho perso un po' gli obiettivi e la sicurezza di quello che voglio e di conseguenza la smania del fare, fare e fare. Stronza e bambina si accapigliano spesso dentro di me.
Ecco il principale motivo per cui non scrivevo qui da quasi un mese....ma oggi no!
L'ho sempre detto che viaggiare aiuta, almeno me. Vi scrivo da Portsmouth, Inghilterra, dove sono arrivata ieri per trovare il migliore amico. Soltanto l'aver conosciuto tutti i ragazzi che vivono qui, in questa casa enorme da Grande Fratello, provenienti da tutto il mondo e il fatto che stamattina possa andare a conoscere un posto nuovo, mi ha decisamente ridato un po' di sana voglia di Vivere...mi sa che almeno per un po', risalgo sul treno e continuo ad intraprendere quel difficile passaggio.
Vado ad esplorare e a ritrovare un po' la stronza che c'è in me.
martedì 11 ottobre 2011
Ma dove sono le donne imprenditrici?
Da quando l'idea di fondare una mia azienda fa parte delle possibilità che vedo per il futuro, ho iniziato a guardarmi
intorno per capire quale sia la situazione attuale delle donne imprenditrici ed in alti gradi
dirigenziali.
Mentre ero in
Silicon Valley ho avuto la possibilità di partecipare a vari eventi incentrati
su questo tema (due esempi qui) e sono rimasta davvero colpita da come
questa enorme quantità di donne con grandi ambizioni e grandi risultati rimanga
spesso nella penombra. Infatti la maggior parte di fondatori di nuove startup che ho incontrato in questi tre mesi erano uomini, solo andando a questo tipo di eventi mi sono resa conto che un piccolo movimento di donne che ci provano e ce la fanno esiste.
Ma partiamo dal
principio: chi prende solitamente le decisioni di acquisto in una famiglia?
Nella nostra vita
quotidiana, tutti sappiamo che i capifamiglia in questo senso (e non solo) sono
le donne.
Ok, io sono una
donna, voglio fare l'imprenditrice, ma qui vi parlo da ingegnere gestionale: l'80% delle
decisioni di acquisto per prodotti di consumo sono prese da donne (articolo
di Techcrunch: "Why women rule the internet"), ma il 90% dei
prodotti è ideato da uomini: qui c'è qualcosa che economicamente non torna!
La presenza delle
donne nei vertici aziendali continua ad essere fortemente al di sotto di
quella degli uomini: solo il 15,7 % dei consigli di
amministrazione delle aziende appartenenti alla classifica "Fortune 500" del 2010 è al
femminile e questo numero scende al 2.8% se guardiamo gli amministratori
delegati (fonte: catalyst).
Nonostante il
numero di imprese statunitensi fondate da donne sia duplicato dagli anni '90 agli anni
2000, secondo un
recente studio della Kauffman Foundation la percentuale delle
attività imprenditoriali gestite da donne rimane il 35,3%.
Ma cos'è che
succede man mano che si va avanti nel tempo?
Non vi ricordate a scuola, quando di solito erano le ragazze ad andare meglio in matematica e scienza? Dove finisce
crescendo quell'attitudine di eccellenza nel mondo imprenditoriale? Quali sono i problemi
che le donne incontrano durante la loro carriera professionale? E come mai le
grandi capacità organizzative tipiche delle donne non trovano il dovuto spazio
nelle aziende?
Un articolo dell'Economist del
2009 puntava il dito sulla
maternità: per le donne diventare madri sembra essere una scelta alternativa a
quella di fare carriera o fondare un'impresa; secondo questo studio, in America
le donne senza figli guadagnano in media quanto gli uomini, mentre le madri
molto meno.
Ma i figli non si fanno in due? Perchè io dovrei scegliere se
avere dei figli o fare
carriera, mentre un uomo queste possibilità le ha entrambe?
Credo che siano la
cultura, le politiche e i preconcetti a dover cambiare e non solo da parte
degli uomini.
Per una donna
essere giudicata una brava manager è davvero difficile: se sei autoritaria e
aggressiva vieni vista come una str...a senza femminilità; se invece sei
accomodante e carina spesso vieni giudicata incompetente e questo indipendentemente dal sesso dei tuoi interlocutori.
La difficoltà per
le donne è anche data dalla scarsità di esempi di donne di successo da seguire all'interno delle organizzazioni: una donna che segua
durante la sua carriera solo esempi maschili ad alti livelli manageriali non
potrà mai far leva sulle caratteristiche organizzative tipicamente femminili
che la porterebbero a distinguersi.
In U.S.A ho avuto
modo di scoprire l'esistenza di moltissime associazioni e organizzazioni con
l'obiettivo di cambiare la cultura aziendale riguardo alla presenza femminile e
a promuovere a partire dalle scuole una educazione imprenditoriale femminile; qui alcuni
link.
Ma qual è invece
la situazione in Italia?
I dati del rapporto
"Donne ai vertici dell'economia italiana "del 2010 di ManagerItalia sono davvero poco
confortanti: solo l'11,9% dei dirigenti delle aziende private italiane sono
donne, contro il 33% della media europea. Le donne imprenditrici italiane sono
solo il 23,3%. Tutto ciò a fronte di una maggioranza femminile (+ 26%) fra i
laureati "questo a conferma del fatto che le donne su alcuni fronti,
soprattutto dove vale il merito e non ci sono condizionamenti culturali,
hanno sorpassato gli uomini e possono e devono essere la principale
risorsa per lo sviluppo e la crescita dell’economia, che oggi è prima di
tutto economia della conoscenza"(cit. rapporto ManagerItalia)
Ho cercato quali
siano le principali organizzazioni italiane che promuovono lo sviluppo di una
cultura imprenditoriale femminile: la più importante è l'"Associazione
imprenditrici e donne dirigenti d'azienda" (AIDDA),
la cui presidentessa è anche a capo della associazione mondiale per donne
imprenditrici FCEM.
Immagino che non
sia per niente facile promuovere una cultura femminile di eccellenza in un
Paese dove la figura della donna come mero oggetto è all'ordine del giorno,
dove il premier, indeciso sul nome da dare al partito, propone divertito "ForzaGnocca".
Il secondo dei siti che appaiono nella lista di google digitando "donne imprenditrici": donneimprenditrici.it, il quale si propone come un "network al femminile dedicato a manager, professioniste, imprenditrici e aspiranti tali in tutti i settori". Sono rimasta davvero stupita nell'andare a visitare il blog rivolto alla promozione della donna imprenditrice scritto dalla presidentessa di tale associazione, la quale mi sembra riproponga lo stereotipo della donna oggetto nell'immagine dell'homepage.
Il secondo dei siti che appaiono nella lista di google digitando "donne imprenditrici": donneimprenditrici.it, il quale si propone come un "network al femminile dedicato a manager, professioniste, imprenditrici e aspiranti tali in tutti i settori". Sono rimasta davvero stupita nell'andare a visitare il blog rivolto alla promozione della donna imprenditrice scritto dalla presidentessa di tale associazione, la quale mi sembra riproponga lo stereotipo della donna oggetto nell'immagine dell'homepage.
Spero davvero che con il tempo e la nostra determinazione questa situazione possa cambiare.
Sono convinta che una maggiore presenza delle donne nel mondo imprenditoriale non posso far altro che migliorare e incrementare le prestazioni aziendali (come dimostra la ricerca catalyst "The Bottom Line: Corporate Performance and Women's Representation on Boards"); d'altronde la diversità è sempre la chiave del successo.
martedì 4 ottobre 2011
E io fra 5 giorni dovrei tornare in Italia...
Siamo giunti alla frutta, la dittatura c'è, esiste, ma continuiamo ad essere ciechi e a pensare a una democrazia. Questo post non è nello spirito del blog, ma oggi la mia indignazione è troppo grande per non dire la mia.
La pagina di Wikipedia Italia sta per essere oscurata (provare per credere: link qui).
Sì, perché la nostra libertà di utenti internet (anche quella) sta per essere oscurata, Wikipedia ne è sempre stata il simbolo.
Sì, perché la nostra libertà di utenti internet (anche quella) sta per essere oscurata, Wikipedia ne è sempre stata il simbolo.
Il DDL intercettazioni permetterà a chiunque si senta offeso o in qualche modo colpito dal contenuto di una pagina web o blog di richiederne la rimozione entro 48 ore e di poterlo rettificare; tutto ciò indipendentemente dalla veridicità del contenuto e senza alcun giudizio da terze parti. Tuttavia il diritto di rivalersi contro diffamazione esiste già, garantito dall'articolo 595 del codice penale.
Se questo decreto verrà approvato, vorrà dire che il libero scambio di opinioni e informazioni che ha reso la rete lo strumento potente che oggi conosciamo, per noi italiani non potrà più esistere. Saremo condizionati fin prima di scrivere; il diritto costituzionale di manifestare il proprio pensiero con qualsiasi mezzo di diffusione, garantito dall'articolo 21, verrà violato.
Tutto il mondo si muove intorno al crowdsourcing (il link riporta a Wiki in inglese ovviamente), la costruzione della conoscenza basata sulla folla, ognuno può dare il suo contributo e non solo in campo prettamente scientifico come Wikipedia. Alcune delle aziende più profittevoli al mondo si basano su contenuto creato dagli utenti: basti pensare a Facebook o Youtube.
In Italia si torna indietro: invece di promuovere lo scambio di conoscenza, la si proibisce, si creano deterrenti.
Ma quand'è che ci sveglieremo? In tutto il mondo ci additano come un Paese che torna al fascismo.
Basta, non voglio vivere in un Paese così, non voglio più vergognarmi, non voglio più scendere in piazza con migliaia di persone e vedere che nulla cambia.
Voglio speranza, innovazione, spinta al cambiamento, proposte.
Voglio un Paese che vada avanti, non che torni indietro.
Altri articoli:
- Business Insider
- LaStampa
- GlobalPress
domenica 2 ottobre 2011
Il dilemma di Ulisse
Per chi come me è stato per lunghi periodi da solo lontano da casa, queste parole credo suoneranno caldamente familiari.
Quando si viaggia da soli che sia per lavoro o per piacere si sommano tante di quelle sensazioni che è difficile analizzarle tutte. Sei circondato da mille cose nuove, luoghi, volti, storie, sfide, il piccolo Ulisse che c’è in ognuno di noi esulta.
Viaggiare dopo un po’ diventa una droga per la testa, ma come tutte le droghe ha le sue controindicazioni.
Sì perché stare “lontani” per tanto tempo ha spesso un prezzo… quello delle lunghe sere soli, quando neanche puoi telefonare a casa, perché lì dall’altra parte del mondo a quell’ora si dorme; quello dei momenti in cui ti trovi nel deserto australiano a guardare il più bel tramonto della tua vita, ma intorno hai solo sconosciuti con cui condividerlo; quello delle domeniche nei parchi a guardare gruppi di amici attorno a un barbecue. Tutto ciò è amplificato al massimo quando il periodo per cui sei fuori, non è né troppo breve, né troppo lungo, perché non hai il tempo di creare relazioni durevoli, ma ad un certo punto ne hai bisogno.
Allora arriva il momento in cui hai voglia di tornare, di sentire il calore delle persone che ami.
E quando torni indietro, beh lì c’è da ridere: la tua testa, i tuoi sensi aperti a 360 gradi devono richiudersi, rinscatolarsi in quello che è la tua quotidianità, dal conoscere mille cose nuove al giorno al ritornare in quello che già conosci. Ulisse si ammazza.
Devo ammettere che questo limbo non mi è mai stato facile da gestire; conciliare la battaglia fra Ulisse e la mia voglia di viaggiare, conoscere, provare, contro la mancanza del calore dei sorrisi che amo è per me la più grande sfida. Spero che crescendo possa trovare un compromesso e fare in modo che le due cose non siano in contrasto fra loro, ma invece siano in un equilibrio che soddisfi la mia “voglia di vita” in entrambi i sensi.
Intanto chiedo a voi se queste sensazioni vi hanno mai toccato da vicino e come riuscite a trovare il VOSTRO equilibrio.
lunedì 26 settembre 2011
Il Silicon Valley Study Tour, perchè le opportunità in Italia basta cercarle...
Mentre ero qui in Silicon Valley ho avuto la possibilità di partecipare ad una di quelle iniziative che aiutano noi giovani studenti italiani ad aprire un po' la mente, il Silicon Valley Study Tour.
Tutto è iniziato quando, ormai 6 mesi fa, durante il mio corso universitario "Imprenditorialità e business planning" ci hanno annunciato che ci sarebbe stato un ciclo di conferenze riguardanti innovazione ed essere imprenditori. Dopo aver partecipato a questi eventi, avremmo potuto dire la nostra intervenendo nelle discussioni post-conferenze che si sarebbero tenute sul blog Silicon Valley Study Tour; le persone più attive in questo senso sarebbero state selezionate per un colloquio e avrebbero avuto la possibilità di partecipare GRATUITAMENTE ad un tour che avrebbe toccato tutte le più grandi aziende high tech della Silicon Valley.
All'epoca non sapevo ancora che comunque qui ci sarei arrivata per altre vie e questa iniziativa mi era sembrata davvero una gran figata!
Mi sono quindi lanciata ad ogni conferenza e non ce n'è stata una che abbia deluso le mie aspettative: da Marco Magnocavallo, imprenditore "seriale" con più di 15 anni di esperienza ad Andrea Baldini, laureato al Politecnico di Torino ed oggi uno dei pochi a provare "come si sta dall'altra parte", come associate in Earlybird Venture Capital. (qui l'elenco delle conferenze tenute a Torino)
Ma arriviamo al tour: 10 giorni immersi nella cultura imprenditoriale della Silicon Valley, incontrando quegli italiani che ci hanno provato e ce l'hanno fatta. A differenza degli altri 23 ragazzi selezionati dalle migliori università italiane, il SVST è arrivato per me dopo un periodo in cui avevo già potuto assaporare il clima che si respira in Silicon Valley.
Quello che più mi ha colpito delle persone che ho incontrato durante il tour è l'energia, la voglia di fare, la speranza, cose che spesso in Italia trovo solo in pochi eletti.
Il tour mi ha, quindi, confermato che qui chi ha le capacità va avanti, che bisogna attorniarsi di persone intelligenti, migliori anche di te stesso, proprio per potersi perfezionare ogni giorno, prendendo il meglio da ciò che ci circonda. Come spesso ho sentito dire, se sei fra persone intelligenti, qualcosa succede.
Quello che più mi ha colpito delle persone che ho incontrato durante il tour è l'energia, la voglia di fare, la speranza, cose che spesso in Italia trovo solo in pochi eletti.
Il tour mi ha, quindi, confermato che qui chi ha le capacità va avanti, che bisogna attorniarsi di persone intelligenti, migliori anche di te stesso, proprio per potersi perfezionare ogni giorno, prendendo il meglio da ciò che ci circonda. Come spesso ho sentito dire, se sei fra persone intelligenti, qualcosa succede.
Il Silicon Valley Study Tour, nato nel 2005, è arrivato quest'anno alla 12^ edizione con 229 Alumni, grazie a Paolo Marenco, presidente dell'associazione La Storia nel Futuro e Jeffrey Capaccio, presidente del Silicon Valley Italian Executive Council, i quali sono riusciti a generare un ponte fra i giovani laureati di quattordici università italiane e alcuni fra le più importanti istituzioni (Standford University e Berkeley University) e aziende della Silicon Valley, creando per gli studenti grandi opportunità di lavoro e studio.
giovedì 22 settembre 2011
Imprenditori a 14 anni...e io che volevo il motorino!
Già dal nome l'evento Teens in Tech Conference mi faceva pensare a qualcosa di strano. Ok che la tecnologia è ormai iper utilizzata dai più piccoli, ma avreste mai pensato a imprenditori di 14, 15 anni?
Io, prima del 5 agosto, no.
Teens in Tech Labs è
un'organizzazione fondata nel 2008 da Daniel Brusilovsky all'età
di 15 anni per fornire gli strumenti e incoraggiare i giovani, i teenagers
appunto, a diventare imprenditori. L'opinione di Daniel è infatti che il
genio e l'imprenditorialità possono arrivare a qualsiasi età ("entrepreneurship
doesn’t happen at a certain age, or a certain location — it happens
everywhere!"), basta avere gli strumenti e le possibilità. Teen in Tech
aiuta quindi i giovani imprenditori ad entrare in un network e in più offre un programma estivo di incubazione di otto settimane, durante le quali i
ragazzi passano da un'idea ad un vero prodotto.
Insomma, il 5 agosto sono arrivata senza sapere molto bene di cosa si trattasse alla conferenza Teens in Tech, tenuta ogni anno alla fine del programma estivo per la presentazione dei progetti.
La prima grande botta al mio ego è arrivata già con il primo speaker: Andrew Hsu. Non voglio star qui ad elencare la biografia di questo diciannovenne di Seattle; vi dico solo che a 19 anni ha tre lauree e un dottorato, ha aperto due fondazioni e ha lanciato la sua prima azienda nel campo dell'educazione.
Dopo di lui ne sono seguiti molti altri di questi mostri di bravura, come Zak Kukoff, imprenditore di 16 anni o Adam Debreczeni, sviluppatore iOS a 15. Sul sito Teens in Tech Conference trovate l'elenco degli speakers.
Ok, non è difficile capire che questi ragazzi rappresentano casi più unici che rari, ma il punto è che qui si inizia a sviluppare una mentalità imprenditoriale fin da bambini perchè si è immersi in questo contesto.
Provate a ripensare a quando avevate 15 anni... vi è mai venuto in mente che avreste potuto avere un'idea rivoluzionaria, imparare a programmare, sviluppare un prodotto e fondare un'azienda?
Questi ragazzini non solo lo pensano, ma lo fanno.
Fra i progetti presentati, secondo me, ce n'erano di davvero promettenti; qui la lista dei team.
Inoltre ciò che mi ha davvero colpito era la voglia e la capacità di questi ragazzi di parlare in pubblico davanti a centinaia di persone. Ho scoperto che qui negli Stati Uniti ai bambini viene insegnato fin dalle elementari a parlare in pubblico davanti alla classe e ad esporre le proprie idee. Ma io mi chiedo: perchè in Italia siamo così fessi a dare meno importanza alle cosiddette "soft skills"? Sono quelle che ci permettono di entrare in relazione con gli altri, di farci capire, accettare e apprezzare.
Come faccio se sono il più grande luminare al mondo, ma non so trasmettere la mia conoscenza? Mi sembra di scoprire l'acqua calda perchè queste sono cose con cui ognuno di noi si imbatte ogni giorno, ma ho finito l'università e ancora nessuno mi ha insegnato come comunicare.
Spero davvero che grazie alla rete alcuni di questi input d'oltreoceano possa arrivare anche al nostro piccolo stivale e che i quattordicenni di oggi possano iniziare a capire che c'è un mondo diverso là fuori, piuttosto che solo un Liberty 50cc Piaggio.
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